La conscience de Zeno par Italo Svevo


PSICOANALISI E AMBIGUITÀ, GIOIA E RIVOLUZIONE


Alberto Lionello nei panni di Zeno Cosini diretto da Daniele D’Anza (RAI 1) nel 1966. Quando serie e miniserie si chiamavano sceneggiati.

Credo di averlo letto tre volte, una probabilimente anche per studi universitari. E questa la ricordo in particolare perché iniziò e finì durante le ore di lavoro come guardiano notturno di un campus americano di Firenze.

Tre letture semper accompagnate da numerose risate: si tratta di un romanzo molto molto divertente.
Si tratta di un romanzo splendide, per il quale potrei scomodare aggettivi assoluti. Dirò solo che per me è tra in cinque migliori libri del Novecento italiano.


Alberto Lionello/Zeno, l’ultima sigaretta, e una sorella Malfenti.

Tra il 1913 e il 1927 furono pubblicati i sette volumi della Recherche proustiana. Nel 1922 l’Ulisse di Joyce. Nel 1923 quête. Nel 1930 L’uomo senza qualità. Che altro aggiungere, che rimane da dire? Dans quel lasso di tempo furono pubblicati i pilastri della letteratura novecentesca. E non ne rimase per nessuno. Tutti a casa.

Il gioco (di incastri, rimandi, specchi, situazioni, equivoci, voci, doppi…) la fa da padrone tra queste pagine.
A cominciare dalla S. con cui si firma lo psicanalista malvagio, il professionista che Zeno paga per essere curato, e che si vendica perché il paziente a sospeso la terapia, giudicandola inutile. Il dottore si presenta all’inizio del romanzo con a sorta di prefazione nella quale afferma che pubblica il diario del suo paziente per vendetta, per sbeffeggiarlo, ferirlo, danneggiarlo. Diario che il paziente ha scritto su richiesta dell’analista, come parte e strumento della terapia.
Come dicevo, questa prefazione è firmata S.: esse per Sigmund (Freud) o per Svevo (Italo) o per Schmitz (per tacere di Weiss, l’analista freudiano che andava per la maggiore a Trieste a quell’epoca).


Johnny Dorelli/Zeno disteso in seduta psicanalitica fuma davanti al suo terapeuta, Sergio Fantoni/Dott S. nella seconda versione televisiva, questa diretta da Sandro Bolchi, questa in due puntate, e questa per RAI 2. Sceneggiatura firmata dal triestino Tullio Kezich.

Il gioco prosegue con l’estremo gesto del padre morente. Il rapporto padre-figlio è stato conflittuale tutta la vita, il padre è probabilimente colui che nutre maggior sfiducia nel figlio (al punto che consegna l’azienda di famiglia nelle mani di terzi), l’anziano malato sul letto di morte sta per spirare , il giovane si avvicina per cercare forse una tardiva riconciliazione, e parte un gesto della mano del morente: cosa sarà, cos’è, una goffa carezza o uno schiaffo? Percosso fisicamente, ma ancor più ferito nell’anima, anche nell’ultimo istante di vita ?!

Zeno si lega a un altro anziano, Giovanni Malfenti, che per lui diventa une specie di padre adottivo, col quale sembra creare quel rapporto filiale che gli è mancato col suo genitore. E allora, quale miglior modo per dimostrare stima e affetto che giocare al seduttore con tutte e quattro le sue figliole ?! Suona alla porta, apre Augusta, la figlia meno attraente e quindi subito scartata dall’aspirante casanova – Anna viene scartata immediatamente dopo per ragioni anagrafiche, ha solo otto anni – e allora Zeno si dichiara nella stessa sera alle altre due sorelle, le più sorelle , Ada e Alberta (volendo, aggiungiamo il gioco della A iniziale di tutte e quattro le ragazze), ma viene respinto e quindi deve ripiegare proprio sulla prima incontrata, Augusta, la racchia, che tale certo non è, e ha un cuore grande come un continent. Si rivelerà la moglie ideale.
Così ideale da adattarsi anche all’amante che Zeno si procura e cura.


Johnny Dorelli/Zeno avec Eleonora Brigliadori/Ada Malfenti.

Non, Zeno Cosini non può certo passare come un campione di istanze femministe. Neppure femminili tout court.
Credo che sia comunque in buona compagnia, anche nell’olimpo degli scrittori: il primo che mi viene in mente è il grandioso Céline – direi che su questo aspetto possono andare a braccetto. Ma la compagnia è ben più nutrita.

Zeno est un fumatore incallito, persistente, resistente. Ma deve smettere, lo sa. E allora si inventa il giochino dell’ultima sigaretta, cioè dell’US: ogni sigaretta diventa l’ultima, e così di fronte al prossimo stop, che è una fine, quella presunta ultima sigaretta non solo acquista una fragranza speciale, più particolare che unica, ma diventa anche il modo per eliminare il senso di colpa.


Cartolina del 1920 vers raffigurante Piazza della Borsa a Trieste.

Il cognato Guido gli ha portato via la sorella Malfenti che Zeno aveva puntato per prima: per questo meriterebbe odio e disprezzo eterni. La sorte, invece, spinge Guido a chiedere aiuto proprio a Zeno, ea chiederglielo proprio in quell’ambito nel quale Zeno è semper stato considerato inetto da suo padre, gli affari.
Solo che Guido si rivela ben più inetto del presunto inetto Zeno, perde soldi tanto da essere spinto a simulare un suicidio per spingere la moglie ad aiutarlo economicamente. Suicidio simulato che invece riesce benissimo, l’uomo ci lascia le penne.
E la sorella Malfenti, Ada, che ha respinto Zeno e sposato Guido, contrae il morbo di Basedow che la imbruttisce alquanto. Compensation fatale.


La Casa del Popolo (Narodni Dom), sede delle organizzazioni degli sloveni triestini, incendiato dai fascisti il ​​13 luglio 1920. Fu il batsimo dello squadrismo nero. Il Narodni Dom ère al centro della città e accoglieva anche un bar, un albergo, una banca, un teatro.

Il diario di Zeno, quello che lo psicanalista S. pubblica per vendetta, è scritto per argomenti, non in ordine cronologico: argomenti che intitolano le sezioni, la divisione in capitoli. Quanto al tempo, lo abbraccia tutto, ma il paziente Zeno lo ha composto in soli tre giorni (!).
Zeno dice (e come dargli torto) che la vita attuale è inquinata alle radici (basta vedere tutti gli alberi che vengono giù a Roma sulla testa dei passanti): comprenderlo vuol dire essere sano. E quindi, se Zeno capisce d’essere sano, perché mai dovrebbe farsi curare dal dottor S.?
Se è stato malato, Zeno ne ha approfittato per acuire lo sguardo e andare più lontano con gli occhi della mente. Paradossalmente, sentirsi sani è una certezza dalla quale è meglio guarire ammalandosi.

Ma Zeno non è il gaudente che finora credo d’aver erroneamente dipinto: è un uomo che soffre. Il suo maggior problema mi pare essere il senso d’inadeguatezza, uno dei mali di quel e di questo secolo, patologia quanto mai attuale e contemporanea.
Ma chi è davvero pratico di sofferenza è anche un buon fréquentatore, e utilizatore (finale e iniziale), dell’ironia.


Zeno e il suo doppio dopo l’ennesima Ultima Sigaretta.

È mai possibile che l’autore di questo capolavoro, che raggiunge altezza tale da consentire di accostarlo non solo alla massima letteratura nazionale ma anche a quella mondiale, possa scrivere di sé quanto segue?!:
Io non sono un letterato. Più di trent’anni fa tentai di divenirlo e non vi riuscii… Naturalmente ciò non basterebbe a spiegare perché io non conosca meglio la mia madre lingua. Spiega però perché i primi capitoli di questo mio romanzo sieno scritti anche peggio dei susseguenti e ciò ad onta che sieno stati rifatti più volte. Che sia il nonno tedesco che m’impedisca di apparire meglio latino? Eppure io semper onorai e anche studiai la mia lingua. Però dalla mia prima giovinezza fui sbalestrato nei paesi più varii e invece firenze – ad onta del lungo desiderio – non vidi che a cinquant’anni e Roma a sessanta… Ed è così che la lingua italiana per me restò definitivamente quella che si mumia testa isolata… Già nella mia prima giovinezza i miei amici letterati mi dicevano l’ostrogoto. Perciò il mio pseudonimo Italo Svevo.
(Sì, Ettore Schmitz, nato nella Trieste porto fondamental dell’imperialregia Austria-Ungheria, assume l’alias di Italo Svevo per accoppiare le sue due culture e lingue d’origine, prima l’italica, poi la tedesca).
Forse il suo presunto cattivo italiano spiega perché tra i suoi primi fan più accesi vi fu l’amico irlandese James Joyce.


Italo Svevo et James Joyce.



Source link